martedì 11 giugno 2013

Ti sei stancata di portare il mio peso...

Ti sei stancata di portare il mio peso...

di Nazim Hikmet

Ti sei stancata di portare il mio peso
ti sei stancata delle mie mani
dei miei occhi della mia ombra

le mie parole erano incendi
le mie parole eran pozzi profondi

verrà un giorno un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
le orme dei miei passi
che si allontanano

e quel peso sarà il più grave

sabato 8 giugno 2013

Tienimi per mano...

Giugno 8 giugno 2013
" Tienimi per mano al tramonto,
quando la luce del giorno si spegne e l’oscurità fa scivolare il suo drappo di stelle…
Tienila stretta quando non riesco a viverlo questo mondo imperfetto…
Tienimi per mano…
portami dove il tempo non esiste…
...Tienila stretta nel difficile vivere.
Tienimi per mano…
nei giorni in cui mi sento disorientata…
cantami la canzone delle stelle dolce cantilena di voci respirate…
Tienimi la mano,
e stringila forte prima che l’insolente fato possa portarmi via da te…
Tienimi per mano e non lasciarmi andare…
mai…"
(Herman Hesse)

sabato 11 maggio 2013

- Due ali - di Eleonora Bernardi

-Due ali- di Eleonora Bernardi Diceva sempre, forse per scaramazia o per minaccia: - Se un giorno scompaio vuol dire che sono morta! Non perdete tempo con denunce e ricerche…non andate a Chi l’ha visto…io sono morta! Il figlio di turno le rispondeva, immancabilmente, che erano discorsi sciocchi.Perché sarebbe dovuta scomparire? Per andare dove? A meno che non pensasse a un rapimento… Lei rideva, non senza aggiungere: - Non si può mai sapere! E finiva lì. Questo scherzo durò un pezzo, finchè non giunse l’Alzhaimer, in modo subdolo, all’inizio quasi impercettibile, poi vittorioso e protervo, da vero conquistatore. Piccole dimenticanze: gli occhiali, chi ha visto i miei occhiali? Poi lo smarrimento di fronte all’assenza di nomi, come si chiama quel tale? La perdita di fatti e azioni recenti, possibile che non ricordo nemmeno cosa abbiamo mangiato ieri? Segnali di poco conto, da liquidare con asserzioni convinte: -Stupidaggini mamma! Tu pensi che possiamo ricordare sempre tutto? Pensa alle azioni che facciamo tutti i giorni…se dovessimo registrarle ogni momento non potremmo fare altro! Il medico aggiunse di suo che non c’era da preoccuparsi, troppi stimoli, troppi pensieri, il cervello doveva pure difendersi… Lei andò avanti serena, accettando una svagatezza che non le apparteneva, ci scherzava perfino su: -Sono la smemorata di Collegno! Se gli chiedevi a chi alludeva non se lo ricordava. Normale. Divenne capricciosa, come una bimba viziata, testarda ed esigente come un dittatore. Un momento era lei, dopo poco un’altra…allegra e spensierata e, all’improvviso, furibonda e torva senza motivo. La mamma ha le lune…la mamma fa la monella! Infine la diagnosi. Stava scomparendo…dove cercarla? Nei momenti di lucidità esigeva la cura ossessiva dei suoi piedi, bellissimi, perfetti. Tali dovevano rimanere, sempre. Veniva accontentata perché in un’altra vita ci aveva più volte raccontato: - Sapete di che cosa si era innamorato vostro padre? Dei miei piedi! Diceva che avevo piedi di fata…Noi ridevamo dicendo che si trattava di un “pedofilo”, lei rideva con noi, in un’altra vita. Diceva che i piedi erano le sue “ali”, doveva averne cura per poter volare, proprio così diceva, “volare tutto il santo giorno”! La filippina che ne aveva cura, una mattina di primavera, chiamò sconvolta i figli della sua signora: Correte! La mamma è scomparsa! -Dove? Tu dov’eri? Cretina! Arrivo…arrivo, intanto scendi, magari è ancora giù! La ricerca affannosa, nei dintorni, non portò a nulla, a nulla nemmeno gli interrogatori serrati alla filippina che piangeva, piangeva, e sosteneva di non ricordare più niente, neanche il suo nome, figuriamoci poi com’era vestita la signora! Infine la telefonata delle forze dell’ordine: -L’Abbiamo trovata, era su una panchina. - Chiedi come sta! Chiedi come sta! - Sta in ospedale: è morta. Dobbiamo andare per il riconoscimento… -Andiamo, magari non è lei…chissà quanti ne trovano su una panchina! Poi la corsa, tutti muti, con la lingua di cuoio e i volti di cera. -Chi entra? - Tutti! -Non si può. Basta uno. C’era un corpo coperto da un telo verde troppo corto; lasciava scoperti due piccoli piedi, perfetti, bellissimi…con tenere unghie laccate di rosso, gocce ovali, vermiglie come petali di rosa. -E’ Lei. La riconosco. E’ la mamma. -Scusi, abbiamo il dovere di mostrarle il volto… -A me non serve, fate pure… Come spiegare che le sue ali erano lì, e con quelle aveva spiccato il suo ultimo volo?