sabato 24 luglio 2010

L'Amore nella Poesia di Nazim Hikmet



Vorrei partire da queste poche parole, scritte da Hikmet nel 1961 a Joyce Lussu, sua traduttrice italiana (ottima traduttrice direi)

"Cara Joyce,
mi domandi perché scrivo delle poesie?
Sarebbe più giusto porre la domanda in un altro modo. Perché e come ho cominciato a scrivere delle poesie. Cerco di ricordare. Avevo tredici anni. Abitavamo a Istambul. Mio nonno era poeta, ma ancora oggi non capisco le sue poesie."

Come e perché…è forse questo principio di un lungo cammino l'unica cosa che uno scrittore puo' cercare di spiegare: perché col tempo l'arte diviene il modo più naturale di comunicare, per permettere all'altro di entrare in comunione con il sé.
Non ci sono spiegazione plausibili per cercare di dire cosa cambi tra poesia e musica, cosa voglia dire dipingere un quadro: l'anima emerge poco a poco seguendo dolcemente l'inclinazione che le è propria.
Tant'è che persino nella piena maturità Nazin non riesce a spiegare perché scriva poesie se non partendo dalla prima volta, e passando dai ricordi giungerà a dire che ora non può più farne a meno: la poesia diviene in lui parte del suo modo di essere al mondo, di viverlo, di conoscerlo.
Riprendendo in mano la lettera a Joyce Lussu leggiamo che Hikmet inizia a scrivere sotto l'influsso del nonno e della madre che "era innamorata di Baudelaire e Lamartine": sicuramente un influsso importante, che renderà conto sia dell'estrema dolcezza orientale che della rudezza occidentale nel comporre il verso.
Ma la primitiva scelta (ma c'è mai stata in realtà una scelta?) si trasforma ben presto nel modo quasi obbligato di esprimersi: "Poi mi sono innamorato di varie ragazze e ho scritto per loro dei versi; poi le questioni che riguardano la coscienza, l'onore, l'eternità, mi hanno interessato e ho scritto di queste cose."
E allora, com'è la poesia di Hikmet? Direi che è un colloquio coll'uomo, una partecipazione di tutto ciò che succede al mondo e a tutto ciò che succede: una partecipazione "di stomaco", un legame emozionale profondo, lontano da un certo passato lirismo erotico.
L'amore è inteso come l'insieme di tutto ciò che muove il sentimento, anche come battaglia, come sofferenza.

Sono tra gli uomini amo gli uomini
amo l'azione
amo il pensiero
amo la mia lotta
sei un essere umano nella mia lotta
ti amo.

L'amore non è solo amore per la donna, ma per le idee, per la libertà (ed Hikmet è stato rinchiuso per 12 anni in carcere a causa della sua opposizione al regime) per l'onore e l'eternità.
"A diciotto anni passai in Anatolia, scoprii il mio popolo e le sue lotte. Lottava con i suoi cavalli magri, con le sue armi preistoriche, in mezzo alla fame e alle sue cimici, contro l'esercito greco […] ebbi paura, lo odiai, lo amai, lo adorai, compresi che bisognava scrivere tutto ciò in un altro modo.
Ma non ne fui capace. Per trovare il modo giusto era necessario, a quanto pare, che passassi nell'Unione Sovietica.
Era la fine del 1921. Fui mille volte più stupito, e sentii un'amore e una disperazione cento volte più forti, perché avevo scoperto, in quel 1921-1922, una carestia cento volte più terribile, e delle cimici cento volte più feroci, e una lotta contro tutto un mondo cento volte più potente, e una immensa speranza,un'immensa gioia di vivere, di creare.
E cominciai a scrivere in un altro modo.
E da allora non posso non scrivere delle poesie."
Amore insomma come sinonimo di vita. Tanto che leggendo l'autobiografia Hikmet stesso si muove nella sua esistenza attraverso date e avvenimenti, rievocandoli con piacere e orgoglio, ricordandoli con fierezza. Io c'ero sembra volerci dire…e noi con lui, trasportati dall'incomprensibile magia delle sue parole.
Commento di Gianni Migliarese da:
http://digilander.libero.it/ccalbatross/poesia/hikmet/h.htm

Poesie

1942

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.

1943

Amo in te
l'avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l'impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.
amo in te l'impossibile
ma non la disperazione.

1948

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all'ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d'Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno han perso il loro sole;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s'illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d'autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà un giorno, mia rosa, verrà un giorno
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.

1949

Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d'estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro.

Alla Vita

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che messo contro un muro, ad esempio,
le mani legate, o dentro un laboratorio col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo che nulla é più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che a settant'anni, ad esempio,
pianterai degli ulivi non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.


1948

In questa notte d’autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
Dalla tua testa dalla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini

Berlino 1961

Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
è la mia nostalgia
cresciuta sul ramo inaccessibile
è la mia sete
tirata su dal pozzo dei miei sogni
è il disegno
tracciato su un raggio di sole
ciò che ho scritto di noi è tutta verità
è la tua grazia
cesta colma di frutti rovesciata sull'erba
è la tua assenza
quando divento l'ultima luce all'ultimo angolo della via
è la mia gelosia
quando corro di notte fra i treni con gli occhi bendati
è la mia felicità
fiume soleggiato che irrompe sulle dighe
ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
ciò che ho scritto di noi è tutta verità

ANGINA PECTORIS

Se qui c'è la metà del mio cuore, dottore,
l'altra metà sta in Cina
nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.
E poi ogni mattina, dottore,
ogni mattina all'alba
il mio cuore lo fucilano in Grecia.
E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno
quando gli ultimi passi si allontanano
dall'infermeria
il mio cuore se ne va, dottore,
se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul.
E poi sono dieci anni, dottore,
che non ho niente in mano da offrire al mio popolo
niente altro che una mela
una mela rossa, il mio cuore.
E' per tutto questo, dottore,
e non per l'arteriosclérosi, per la nicotina, per la prigione,
che ho quest'angina pectoris.
Guardo la notte attraverso le sbarre
e malgrado tutti questi muri
che mi pesano sul petto
il mio cuore batte con la stella più lontana.
.

ARRIVEDERCI FRATELLO MARE
Varna, 1951

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po' della tua ghiaia
un po' del tuo sale azzurro
un po' della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po' più di speranza
eccoci con un po' più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare

mercoledì 7 luglio 2010

Appello di Amnesty International


Libia: più di 200 persone di nazionalità eritrea rischiano il rimpatrio forzato. L’appello di Amnesty International"

Se ne parla da oltre una settimana, pochissimi giornali ne hanno dato notizia,in televisione si è visto poco o nulla...perchè?
Una risposta me la sono data, si tratta di un argomento veramente "scomodo", qualcosa che richiama alla mente i "respingimenti" e gli "accordi presi dal nostro paese con un paese che non rispetta i diritti umani".
Mi risulta che da più parti il Governo sia stato sollecitato ad intervenire con risultati nulli..."Mica si tratta dei profughi che abbiamo respinto noi", questa la risposta che dovrebbe tacitare le coscienze!
A volte, sempre più spesso, mi vergogno di essere italiana.

Secondo informazioni ricevute da Amnesty International, più di 200 cittadini eritrei sono stati picchiati e trasferiti con la forza dal centro di detenzione di Misratah a quello di Sabha, dove le condizioni sono di gran lunga peggiori. Rischiano il rimpatrio forzato in Eritrea, dove potrebbero subire torture.

Sia il centro di detenzione di Misratah che quello di Sabha sono destinati ai "migranti irregolari", sebbene le autorità libiche facciano poco o nulla per distinguere tra richiedenti asilo, rifugiati e migranti.

Circa due settimane fa, gli agenti di sicurezza libici hanno fatto circolare un modulo in lingua tigrina nel centro di detenzione di Misratah, chiedendo ai detenuti eritrei di compilarlo. Circa la metà di loro si è rifiutata di farlo, temendo che le informazioni personali riportate sarebbero state trasmesse alle autorità eritree. Il 29 giugno, circa 15 detenuti hanno tentato la fuga; 13 di essi sarebbero stati catturati nei due giorni successivi.

Secondo le informazioni inviate ad Amnesty International, la notte del 29 giugno, circa 100 soldati e agenti di polizia hanno circondato il centro di detenzione di Misratah. Erano armati con fucili e gas lacrimogeni. All’alba del 30 giugno hanno fatto irruzione nelle celle e hanno picchiato i detenuti con bastoni e fruste. Almeno 14 persone sarebbero state gravemente ferite e portate in ospedale. Lo stesso giorno, più di 200 detenuti eritrei sono stati caricati a forza su due container e trasportati a Sabha, sorvegliati da un convoglio di militari e poliziotti. Almeno quattro uomini sono stati separati dalle loro famiglie; 13 donne e sette bambini eritrei sono ancora nel centro di detenzione di Misratah, nessuno di loro è stato trasferito o picchiato.

Gli oltre 200 eritrei si trovano ora nel centro di detenzione di Sabha, in pessime condizioni a causa della carenza di cibo e acqua, dell’inadeguatezza dei servizi igienico-sanitari e del sovraffollamento delle celle. A diversi detenuti che hanno riportato gravi ferite sono state negate le cure mediche. I detenuti temono il rimpatrio forzato nel loro paese di origine, dove sono a rischio di tortura e altri maltrattamenti, la punizione riservata a chi ha "tradito" il paese o ha disertato la leva militare. I loro timori si aggiungono alle minacce delle forze di sicurezza libiche che, mentre li picchiavano, urlavano che li avrebbero uccisi o rimpatriati."

[ martedì 6 luglio 2010 ]Vai a
http://www.meltingpot.org/articolo15678.html

sabato 3 luglio 2010

L'amicizia é presenza- parla Jolanda Catalano


Sante ha un blog che non può più gestire autonomamente, ma che continua a seguire con grande piacere. I suoi amici gli sono vicini con le modalità ordinarie, ma disertano il blog perchè forse lo ritengono inutile...le amiche lontane però sono sempre presenti e gli fanno giungere il loro affetto.

Vi riporto l'ultimo commento di Jolanda Catalano:

giugno 21, 2010 alle 8:00 am

Mio carissimo Sante,
grazie davvero per questo meraviglioso post estivo dove musica e immagini si intrecciano in un’armonica coreografia di colori e, permettimi, di sogni o ricordi di estati ormai andate.
L’estate, da sempre, è sinonimo di libertà, e quanta oggi ne serve, quanta fatica stiamo facendo affinchè tale valore non venga calpestato dai politici più di quanto hanno già fatto.
Ma la nostra voglia di estate non ce la toglierà nessuno finchè per noi parleranno le note, i colori, i versi, l’amicizia, sì, caro Sante, anche l’amicizia dispone di un vocabolario raro e prezioso.
Una volta, molto tempo fa, l’estate era la scuola che finiva e la possibilità di oziare oppure godere di lunghe passegiate nei campi o presso esigui torrentelli dove ci si poteva togliere le scarpe e, a piedi nudi, godere della frescura rigeneratrice dell’acqua dentro la quale ci si divertiva a sguazzare e spruzzarci di gioia.
Quanti ricordi……….ma si cresce…….inevitabilmente!

Che questa nuova estate possa scaldare il cuore a chi ne ha bisogno e soprattutto fare luce, molta luce nell’animo di chi vorrebbe spegnerla.

ti abbraccio mio carissimo amico, ti lascio, ormai lo sai, la mia carezza di sole.
jolanda