giovedì 30 aprile 2009

Buon 1° Maggio!





La vecchia credeva che fossero mortaretti e cominciò a battere le mani festosa. Rideva. Per una frazione di secondo continuò a ridere, allegra, dentro di sé, ma il suo sorriso si era già rattrappito in un ghigno di terrore. Un mulo cadde con il ventre all'aria. A una bambina, all’improvviso, la piccola mascella si arrossò di sangue. La polvere si levava a spruzzi come se il vento avesse preso a danzare. C'era gente che cadeva, in silenzio, e non si alzava più. Altri scappavano urlando, come impazziti. E scappavano, in preda al terrore, i cavalli, travolgendo uomini, donne, bambini. Poi si udì qualcosa che fischiava contro i massi. Qualcosa che strideva e fischiava. E ancora quel rumore di mortaretti. Un bambino cadde colpito alla spalla. Una donna, con il petto squarciato, era finita esanime sulla carcassa della sua cavalla sventrata. Il corpo di un uomo, dalla testa maciullata cadde al suolo con il rumore di un sacco pieno di stracci. E poi quell'odore di polvere da sparo.
La carneficina durò in tutto un paio di minuti. Alla fine la mitragliatrice tacque e un silenzio carico di paura piombò sulla piccola vallata. In lontananza il fiume Jato riprese a far udire il suo suono liquido e leggero. E le due alture gialle di ginestre, la Pizzuta e la Cumeta, apparvero tra la polvere come angeli custodi silenti e smarriti.
Era il l° maggio 1947 e a Portella della Ginestra si era appena compiuta la prima strage dell'Italia repubblicana.
Da: www.misteriditalia.it

Auguro a tutti un buon 1°Maggio. La descrizione riportata vuole solo ricordare che non sempre la "festa dei lavoratori" è stato un momento di gioia per il nostro paese.
Anche oggi i lavoratori non se la passano molto bene...voglio sperare che si possa festeggiare tutti all'insegna della solidarietà con chi il lavoro nemmeno ce l'ha!

domenica 26 aprile 2009

Per non dimenticare

25 Aprile 1945

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio del torturati
Più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA.

Pietro Calamandrei

mercoledì 22 aprile 2009

La memoria e le cose

Quando hai perso tutto, le persone care, la tua casa...le tue "cose",cosa ti resta?
I ricordi, viene da pensare, invece non è così.
Quando il dolore ti travolge e ti tramortisce non pensi a nulla, sei come un albero schiantato da una folgore...riconoscibile a mala pena dagli altri, ma estraneo a te stesso, ti serve che il fumo,che ti soffoca, si disperda, che ti venga restituito il respiro.
Allora puoi vederti come sei, contorto, annerito, sbilenco, privo a un tratto dei rami più vecchi e di quelli più giovani, già in fiore e protesi verso il cielo a gridare sogni e speranze.
Cominci a riconoscerti, ma vuoi dell'altro per ricominciare a vivere...ti rendi conto che la memoria è una coltre spessa e pesante, copre tutto e tutto contiene,e sollevarla diventa difficile...così cominci a scavare alla rinfusa, cerchi piccoli oggetti da stringere tra le mani, da accarezzare con gli occhi, da cullare nel pianto per ritrovare i tuoi frammenti di vita senza i quali niente per te ha più valore! E.B.

CRONACA. Da Repubblica.it 22 aprile 2009

A vigili del fuoco, carabinieri e poliziotti i terremotati chiedono di recuperare
ricordi, fotografie, piccoli oggetti che rappresentano pezzi della loro vita
Tra le macerie de L'Aquila
alla ricerca della memoria
dal nostro inviato MEO PONTE


L'AQUILA - Le fotografie del matrimonio, il diario della figlia sedicenne, il diploma del nipote ragioniere. Cercano le loro memorie tra le rovine i sopravvissuti de L'Aquila. Più che il denaro o i gioielli ai vigili del fuoco che accompagnati da polizia e carabinieri sfidano muri pericolanti per entrare nelle case abbandonate di corsa la notte del terremoto la gente delle tendopoli chiede di recuperare pezzi della sua esistenza.

"Andate nella camera da letto, nel cassetto dell'armadio, quello grande con due specchi ci sono le foto del mio matrimonio, è un album con la copertina in pelle", dice l'anziana pensionata vedova da tre anni che non vuol perdere il ricordo del marito sotto le macerie di una casa in via Sant'Andrea. In via Chieti c'è invece una giovane madre che implora i vigili del fuoco del gruppo di rilevamento: "Lo so che in questo momento può sembrare una stupidata ma vi prego, fatelo per mia figlia. Ha solo tre anni. Cercate un peluche bianco, è un orsetto, è in una cassa con altri giocattoli. Non dorme senza quell'orso tra le braccia. Abbiamo provato a regalarle altri peluches ma è stato inutile. Non fa che piangere. Vi prego, trovatemi quel pupazzo...".

La prima cosa che l'avvocato Maurizio Cora è andato a cercare tra le macerie della sua casa al civico 79 di via XX Settembre sono state le foto delle due figlie, Alessandra e Antonella, sepolte vive con la madre la notte del 5 aprile. "Voglio ricordarle com'erano, non come le ho viste quando le hanno strappate alle rovine", dice mostrando l'unica cosa che gli resta della sua casa, un mazzo di chiavi ormai inutile. A Petitto una mamma anziana ferma un ufficiale dei carabinieri e il suo aiutante, indica loro una casa crepata e racconta: "Vivevo al secondo piano, ora sto in una tenda ma non mi lamento. Voglio solo le foto di mio figlio, è uno di voi, ora è in missione all'estero. Con quelle foto mi sembra di averlo vicino". Dirle di no è impossibile e l'ufficiale si inerpica su una scala che sembra cedere da un momento all'altro sino a raggiungere il muro su cui è appesa la foto a colori del commilitone lontano.

Memorie, ricordi, souvenir che possano restituire una vita spazzata via dal sisma, un'identità perduta. Ecco cosa cercano tra le rovine i sopravvissuti al terremoto. Per non sentirsi davvero sfollati, profughi nella propria terra. Nella questura ricostituita in tende alzate in un giardinetto proprio di fronte agli uffici lesionati un cartello scritto a mano indica l'Ufficio Oggetti Smarriti. Qui Lorella C. ha ritrovato la penna usb di sua sorella Katia, uccisa dal crollo della casa in cui viveva e Vittorio T. il portafoglio e il telefono cellulare del padre sepolto dalla macerie. "E' sorprendente quello che le persone vengono a cercare qui - spiega il sostituto commissario Marcello di Tria che aggiorna il lungo elenco degli oggetti rinvenuti e restituiti - o che chiedono di trovare ai nostri agenti che affiancano i vigili del fuoco nella ricerca all'interno delle case abbandonate".

domenica 19 aprile 2009

A Papa Woitila di Paolina Messina



Non ha confini il vento
che scuote i tuoi bianchi capelli
mentre gridi al mondo
che Dio non è morto
Spalancare a Cristo le porte
é ardua impresa
anche a chi crede
Altri muri
di umana ferocia
invano tenti di abbattere
e sai amaramente sai
che sulla porta di Brandeburgo
vegliano
lugubri spettri del passato.

La poesia é tratta dalla silloge "Tra frantumi di case" che ho avuto il dono di leggere grazie a Jolanda Catalano, altra poetessa di acuta sensibilità, legata a Paolina da immenso affetto.
A Paolina Messina va il mio pensiero costante e la mia sconfinata ammirazione per la sua "Voce" che travalica il tempo.

Di Papa Woitila voglio ricordare il suo sorriso e le sue parole:- Non abbiate paura!

venerdì 17 aprile 2009

Una sofferta primavera...


Voglio condividere con i miei amici del blog una bella fotografia che evoca la primavera.I fiori con i colori e i profumi dovrebbero rallegrare i nostri cuori, ma quest'anno i nostri animi sono tristi...troppi sono i nostri fratelli che soffrono la perdita dei loro cari, delle loro case, della loro identità. Tutti sono in attesa di risposte, e di Giustizia!
Dedico ai fratelli abruzzesi una poesia che mi ha fatto riflettere, con l'assicurazione che sono sempre nei nostro pensieri, e continueranno ad esserlo anche quando i riflettori saranno spenti...

"GUAI A COLORO CHE IL SIGNORE TROVERA' AD OCCHI ASCIUTTI"
Guai a coloro che il Signore troverà ad occhi asciutti
perchè non seppero essere solidali con i poveri e i sofferenti di questo mondo.
Per ricevere questa tenera consolazione di Dio
è necessario fare nostre le miserie degli oppressi,
le nostre viscere devono commuoversi alla vista di un ferito ai lati della strada,
saper vibrare con il dolore altrui, essere più attenti alle persone,
con le loro conflittualità e il loro disordine,
che non all'ordine delle cose.
Solo sapendo tacere
e sapendo compromettersi con la sofferenza dei poveri
si potrà parlare della loro speranza.
Solo prendendo sul serio il dolore dell'umanità,
la sofferenza dell'innocente e vivendo alla luce della Pasqua il mistero della Croce, sarà possibile evitare che la nostra teologia sia un discorso fatuo.
Solo allora non meriteremo da parte dei poveri di oggi
il rimprovero che Giobbe gettava in faccia ai suoi amici:
”Siete tutti consolatori stucchevoli”
Gustavo Gutierrez

La foto è di Gloria Preite, una carissima amica.

sabato 11 aprile 2009

E pure il tuo figlio - di Davide Maria Turoldo

E pure il tuo figlio

il divino tuo figlio, il figlio

che ti incarna, l'amato

unico figlio uguale

a nessuno, anche lui

ha gridato,

alto sul mondo:

"Perché...!".

Era l'urlo degli oceani

l'urlo dell'animale ferito

l'urlo del ventre squarciato

della partoriente

urlo della stessa morte:" Perché"".

E tu non puoi rispondere

non puoi...

Condizionata onnipotenza sei!

Pretendere altro è vano.


Dicono le previsioni che domani e anche a Pasquetta sulla regione Abruzzo pioverà... io auguro un raggio di sole ai nostri fratelli colpiti dalla sventura perchè guardando in alto riescano a percepire il nostro affetto e la nostra vicinanza.

venerdì 10 aprile 2009

mercoledì 8 aprile 2009

Non lasciateci soli!

Roma, ore 3: 30 della notte, un brusco, istantaneo risveglio senza la cognizione del tempo, poi il lampadario che oscilla per istanti interminabili, è il terremoto!
Le telefonate immediate ai parenti, le prime frammentarie notizie, l’epicentro in Abruzzo, e lì che si consumerà la tragedia.
La televisione diffonde immagini e concitate notizie, per tutto il giorno…il disastro è negli occhi di tutti, di chi guarda a distanza, di chi lo vive sulla propria pelle, e non c’è da una parte e dall’altra la voglia e il tempo di pensare, i pensieri sono in rovina, sgretolati come le vite, le case bombardate dal basso.
Più tardi le prime interviste a chi è sotto shock: le domande di chi esercita il dovere dell’informazione con un distacco solo apparente, le risposte sconnesse dei superstiti che affidano allo sguardo, quasi fisso, lo sconcerto e la disperazione.
Né grida, né imprecazioni, un dolore composto e dignitoso, solo la richiesta di un padre la cui famiglia è ancora sotto le macerie: -Non lasciateci soli!
D’un tratto queste parole diventano la sintesi del bisogno più profondo d’ogni essere umano.
Nella disgrazia, nel dolore c’è la paura della solitudine…
Le polemiche sulle responsabilità verranno inevitabilmente, ora però è il tempo di riconoscere una fragilità che azzera distanze e differenze, e la necessità di uscire dai nostri recinti, per ritrovare una umanità senza la quale la vita non ha senso.

giovedì 2 aprile 2009

Corpi e urla nella notte...


Il racconto del comandante Barraco, con la sua motonave Asso 22 ha prestato aiuto
una delle imbarcazioni di migranti che stava naufragando nel canale di Sicilia
"Corpi e urla, notte nell'apocalisse
così ho soccorso il barcone dei disperati"

di FRANCESCO VIVIANO

"Di notte, illuminata dai nostri fari, una scena apocalittica quella che ci siamo trovati davanti. Centinaia di uomini inermi ammassati nel buio. Non lo scorderò mai". Il comandante Francesco Barraco, ha 40 anni ed è di Trapani. È sua l'Asso 22, la nave italiana che ha messo in salvo, nelle acque libiche, 353 migranti che stavano per essere inghiottiti dalle acque. E che, solo grazie a lui e al suo equipaggio, hanno evitato la stessa tragica sorte delle altre vittime della strage del Mediterraneo.

"Sono un marinaio, figlio di marinai, anch'io ho dei figli e quando ho ascoltato il "mayday", il macchinista ha dato gas ai motori". La radio gracchiava in continuazione: tutti gridavano "mayday", "mayday", chiedevano aiuto, chiedevano di essere salvati. Stavano affondando in quel tratto di mare tra le coste libiche e le piattaforme petrolifere italiane e straniere che operano a circa 50 miglia da Tripoli. Una carretta del mare era già sprofondata, molti corpi, centinaia, erano già finiti in fondo al mare, altri cadaveri galleggiavano illuminati dalla luce della luna e dai fasci delle cellule fotoelettriche delle motovedette libiche giunte sul posto. Di altri due barconi con centinaia di disperati a bordo non si sa più nulla da due giorni, ufficialmente sono "dispersi".

A 30 miglia di distanza il peschereccio con a bordo 363 migranti: somali, eritrei, egiziani, tunisini, tra questi decine di donne e bambini, sta per fare la stessa fine. Imbarca acqua, i motori sono spenti ed è ingovernabile. Balla tra le onde in cerca di un miracolo. Quel miracolo si chiama "Asso 22". È la motonave italiana del comandante Barraco, 65 metri di lunghezza, simile ad un grande rimorchiatore, con 12 uomini d'equipaggio, tutti italiani, che per mesi e mesi lavorano assistendo le piattaforme che estraggono il petrolio dal mar libico. A raccogliere il disperato messaggio di aiuto via radio un'ora prima della mezzanotte di domenica scorsa è proprio il comandante che. "Avanti tutta, bisogna lasciare questo posto e dirigerci a 10 miglia da qui, la guardia costiera libica ci chiede di intervenire perché un'imbarcazione con centinaia di persone a bordo sta per affondare".

"La nostra nave - racconta - viaggiava ad una velocità di circa 12 miglia all'ora (circa 20 chilometri orari ndr), in quel momento avrei voluto avere un motoscafo, ma il "mio" Asso 22 non mi ha mai tradito, va lento ma arriva sempre. E così è stato, abbiamo affiancato il peschereccio stracarico di persone, gridavano, avevano paura di affondare, avevano sete e si agitavano. Con delle cime abbiamo legato dei secchi per svuotare la loro imbarcazione e delle bottiglie d'acqua da bere. Si muovevano troppo ed avevamo paura che il peschereccio potesse capovolgersi ma a bordo c'erano due o tre "capoccioni" che mantenevano l'ordine e distribuivano le bottiglie d'acqua". A bordo dell'Asso 22 anche tre militari della marina libica. "Una presenza rassicurante perché spesso gli scafisti sono armati". Capitan Barraco è un uomo "navigato", gran parte della sua vita la trascorre in mare e conosce le leggi, anche quelle non scritte. "Per fortuna noi italiani non abbandoniamo mai nessuno, i nostri armatori non si sono mai lamentati se "perdiamo" tempo e denaro per soccorrere gente che sta per morire. Alcuni dicono ai comandanti che se incontrano difficoltà in mare, devono proseguire dritto senza fermarsi. Ma come si fa a non salvare donne, bambini, che stanno per affogare? Non ci dormirei la notte". Non è la prima volta che l'Asso 22 soccorre clandestini "ma fino ad ora erano stati gommoni con 40-60 disperati, questa volta era una città galleggiante. C'era gente dappertutto, quella barca era stracolma di persone, sopra, sotto, dentro la sala macchine, un vero carnaio e quando verso siamo giunti a Tripoli, li abbiamo contati, uno ad uno, erano 363, molte donne e tanti bambini. Sono ritornati da dove erano partiti. Ma che fine faranno?".

(1 aprile 2009)da Repubblica.it

Triste aggiornamento:
24ore Repubblica.it
Tripoli, 19:23

IMMIGRATI: FINITE RICERCHE,OLTRE 200 MORTI A LARGO LIBIA
La Libia ha interrotto le ricerche dei 200 immigrati dispersi dopo il naufragio di domenica scorsa dell'imbarcazione diretta in Italia. Lo ha annunciato il funzionario dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) Michele Bombassei, aggiungendo che le ricerche di altri sopravvissuti hanno dato esito negativo. "Piu' di 200 persone sono morte", ha detto. Gli immigrati erano di diverse nazionalita': somali, nigeriani, eritrei, curdi, algerini, marocchini, palestinesi e tunisini", ha aggiunto Bombassei.

(02 aprile 2009)