venerdì 31 ottobre 2008

Preghiera di Paolina Messina


Preghiera
Quando sarò Signore
alle porte di quel tunnel
che mi separa dalla luce
ti prego
mandami incontro mia madre
E’ tanto che mi manca
che il suo volto l’ho smarrito
nelle nebbie dei ricordi
Ritroverò il suo
morbido abbraccio
quel suo odore che avida
cercavo tra le lenzuola
Basterà un attimo
a svuotare il fiume
di parole non dette
(per lungo tempo ha premuto
ai margini del cuore)
E tornerò bambina
a cercare la sua mano
la certezza di un amore
che non ebbe mai tramonto.

Paolina Messina è nata a Palazzolo Acreide,in provincia di Siracusa,nel 1942.Vive ormai da quasi un quarantennio ad Archi di Reggio Calabria dove ha svolto la sua attività di insegnante nella scuola elementare dello stesso quartiere.Partecipa con assiduità e interesse alla vita culturale cittadina ed è impegnata nel volontariato cattolico..Fa parte del Cenacolo dei poeti del Rhegium Julii. Ha collaborato per diversi anni alla rivista “La Procellaria” con poesie,racconti e recensioni.Ha raccolto la sua produzione poetica in due sillogi: Tra frantumi di case e Finchè avrò memoria.
Le poesie di Paolina Messina sono su www. lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/03/02/paolina-messina-poesie

martedì 28 ottobre 2008

Un decreto che nessuno vuole!

Ho appena letto un bell'articolo di Curzio Maltese su Repubblica e mi fa piacere condividerlo con chiunque è interessato agli ultimi infausti eventi che coinvolgono la Scuola.
Buona lettura.

IL RACCONTO. Viaggio nelle scuole elementari emilianeche l'Ocse indica come le migliori in assoluto.
Tra le maestre imitate ovunque"Berlusconi ha fatto male i conti"
di CURZIO MALTESE
BOLOGNA - A New York sono sorte negli ultimi dieci anni scuole materne ed elementari che copiano quelle emiliane perfino negli arredi. Via i banchi, le classi prendono l'aria delle fattorie reggiane che ispirarono Loris Malaguzzi, con i bambini impegnati a impastare dolci sui tavolacci di legno, le foglie appese alle finestre per imparare a conoscere i nomi delle piante. Si chiama "Reggio approach", un metodo studiato in tutto il mondo, dall'Emilia al West, con associazioni dal Canada all'Australia alla Svezia. Se la scuola elementare italiana è, dati Ocse, la prima d'Europa, l'emiliana è la prima del mondo, celebrata in centinaia di grandi reportage, non soltanto la famosa copertina di Newsweek del '91 o quello del New York Times un anno fa, e poi documentari, saggi, tesi di laurea, premi internazionali. Non stupisce che proprio dalle aule del "modello emiliano", quelle doc fra Reggio e Bologna, sia nata la rivolta della scuola italiana. La storia dell'Emilia rossa c'entra poco. A Bologna di rosso sono rimaste le mura, tira forte vento di destra e sul voto di primavera incombono i litigi a sinistra e l'ombra del ritorno di Guazzaloca. "C'entra un calcolo sbagliato della destra, che poi fu lo stesso errore dell'articolo 18", mi spiega Sergio Cofferati, ancora per poco sindaco. "Il non capire che quando la gente conosce una materia, perché la vive sulla propria pelle tutti i giorni, allora non bastano le televisioni, le favole, gli slogan, il rovesciamento della realtà. Le madri, i padri, sanno come lavorano le maestre. E se gli racconti che sono lazzarone, mangiapane a tradimento, si sentono presi in giro e finisce che s'incazzano".
Che maestre e maestri emiliani siano in gamba non lo testimonia soltanto un malloppo alto così di classifiche d'eccellenza, o la decennale ripresa della natalità a Bologna, unica fra le grandi città italiane e nonostante le mamme bolognesi siano le più occupate d'Italia. Ma anche il modo straordinario in cui sono riusciti in poche settimane a organizzare un movimento di protesta di massa. Stasera in Piazza Maggiore, alla fiaccolata per bloccare l'approvazione dei decreti sulla scuola, sono attese decine di migliaia di persone. "È il frutto di un lavoro preparato con centinaia di assemblee e cominciato già a metà settembre, da soli, senza l'appoggio di partiti o sindacati che non si erano neppure accorti della gravità del decreto", dice Giovanni Cocchi, maestro. Il 15 ottobre Bologna e provincia si sono illuminate per la notte bianca di protesta che ha coinvolto 15 mila persone, dai 37 genitori della frazione montana di Tolè, ai tremila di Casalecchio, ai quindicimila per le strade di Bologna. Genitori, insegnanti, bambini hanno invaso la notte bolognese, ormai desertificata dalle paure, con bande musicali, artisti di strada, clown, maghi, fiaccole, biscotti fatti a scuola e lenzuoli da fantasmini, il logo inventato dai bimbi per l'occasione. Ci sarebbe voluto un grande regista dell'infanzia, un Truffaut, un Cantet o Nicholas Philibert, per raccontarne la meraviglia e l'emozione. C'erano invece i giornalisti gendarmi di Rai e Mediaset, a gufare per l'incidente che non è arrivato. Perché stavolta la caccia al capro espiatorio non ha funzionato? Me lo spiega la giovane madre di tre bambini, Valeria de Vincenzi: "Non hanno calcolato che quando un provvedimento tocca i tuoi figli, uno i decreti li legge con attenzione. Io ormai lo so a memoria. C'è scritto maestro "unico" e non "prevalente". C'è scritto "24 ore", che significa fine del tempo pieno. Non c'è nulla invece a proposito di grembiulini e bullismo". Il fatto sarà anche che le famiglie vogliono bene ai maestri, li stimano. Fossero stati altri dipendenti statali, non si sarebbe mosso quasi nessuno. Marzia Mascagni, un'altra maestra dei comitati: "La scuola elementare è migliore della società che c'è intorno e le famiglie lo sanno. Con o senza grembiule, i bambini si sentono uguali, senza differenze di colore, nazionalità, ceto sociale. La scuola elementare è oggi uno dei luoghi dove si mantengono vivi valori di tolleranza che altrove sono minacciati di estinzione, travolti dalla paura del diverso". Come darle torto? Ci volevano i maestri elementari per far vergognare gli italiani davanti all'ennesimo provvedimento razzista, l'apartheid delle classi differenziate per i figli d'immigrati. Rifiutato da tutti, nei sondaggi, anche da chi era sfavorevole alla schedatura dei bimbi rom. "Certo che il problema esiste", mi dicono alla scuola "Mario Longhena", un vanto cittadino, dove è nato il tempo pieno "ma bastava non tagliare i maestri aggiuntivi d'italiano". E se domani il decreto passa comunque, nel nome del decisionismo a tutti i costi? "Noi andiamo avanti lo stesso", risponde il maestro Mirko Pieralisi. "Andiamo avanti perché indietro non si può. Non vogliono le famiglie, più ancora di noi maestri. Ma a chi la vogliono raccontare che le elementari di una volta erano migliori? Era la scuola criticata da Don Milani, quella che perdeva per strada il quaranta per cento dei bambini, quella dell'Italia analfabeta, recuperata in tv dal "Non è mai troppo tardi" del maestro Manzi". Ve lo ricordate il maestro Alberto Manzi? Un grande maestro, una grande persona. Negli anni Sessanta fu calcolato che un milione e mezzo d'italiani sia riuscito a prendere la licenza elementare grazie al suo programma. Poi tornò a fare il maestro, allora con la tv non si facevano i soldi. Nell'81 fu sospeso dal ministero per essersi rifiutato di ritornare al voto. Aveva sostituito i voti con un timbro: "Fa quel che può, quel che non può non fa". È morto dieci anni fa. Altrimenti, sarebbe stasera a piazza Maggiore.

giovedì 23 ottobre 2008

I vecchi ( poesia di Jolanda Catalano)

I vecchi

I vecchi al mio paese
si riempiono gli occhi di cielo
e guardano e guardano
sospesi tra i ricordi di albe
che li vedeva stanchi
tra i campi dalle dure zolle
a spremere la terra per un tozzo di pane
e bere dal fiasco al tramonto del sole
gli ultimi sorsi di fatica e sudore.
I vecchi al mio paese
li puoi vedere in balcone
o ai bordi delle siepi che fiancheggiano le strade,
in fila o in cerchio per farsi coraggio
tra fuochi di guerra e uccelli notturni
che piangono ancora l’eterno timore
della vita che va nel vuoto o nel sole.
Aggrappati al bastone ammirano fieri
i colori dei luoghi che li hanno visti passare,
il sole il mare gli aranci le vigne
e se li fissano dentro, conficcati nel cuore,
come ultimo sguardo alle cose più care
prima che i sospiri si facciano lievi.
I vecchi al mio paese
non vorrebbero morire,
e l’oscuro velo di cui avvertono l’abbraccio
li trova fuori a respirare ancora,
a guardarsi intorno come per un saluto
o una scorta di gioia prima di partire.
Perché già sanno che verrà la morte
ma andranno via con tutte le radici.

Jolanda catalano

lunedì 20 ottobre 2008

Una poesia di Sante Bernardi

In tram
Una tenera canzone messicana
seguita da una dolce
melodia slava
a riempire il tempo
di qualche fermata,
trasmettono rimpianto
e nostalgia
trascinano il cuore
in mondi dove
è stato lasciato l'amore.
Un volto triste di donna
passa tra muri d'indifferenza
a raccogliere un segno,
sorpresa mi guarda,
accenna un lieve sorriso,
al mio cenno d'assenso
sorride ancora.
Un attimo,
solo per un attimo,
il suo cuore ha avuto un sussulto.
Ciao, mi mormora
seguendo il compagno,
ciao, le rispondo,
come ad una vecchia amica.

mercoledì 15 ottobre 2008

Classi ponte per alunni stranieri

SCUOLA & GIOVANI da La Repubblica.it

Dopo un acceso dibattito, via libera al testo passato con una diversa denominazione: "classi di inserimento". Fassino: "Regressione culturale"
Classi ponte per alunni stranieri Sì della Camera a mozione Lega

Maria Stella Gelmini ROMA - Classi "d'inserimento" per bambini extracomunitari. La Camera ha approvato la mozione della Lega Nord in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo. Il testo, approvato dopo un infiammato dibattito, è passato con una diversa denominazione: non più "classi ponte", così come originariamente indicato nella mozione presentata dal leghista Roberto Cota, ma la nuova denominazione che parla, appunto di "classi di inserimento". E' stato il vice capogruppo vicario del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, a proporre di cambiare il nome all'oggetto per "rendere più evidente l'obiettivo della proposta, ossia l'integrazione degli studenti". Per Piero Fassino si tratta invece di "una regressione culturale prima ancora che politica", "e non solo produce un principio di discriminazione ma, e questa è la cosa più grave, discrimina tra i bambini e i più piccoli, che è la cosa più abbietta". Il testo della maggioranza è passato con 256 sì, 246 no e un astenuto. Bocciate le mozioni dell'opposizione. Il testo approvato a Montecitorio impegna il governo a "rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso, previo superamento di test e specifiche prove di valutazione". "Favorendo", dunque, e non più "autorizzando" come si leggeva nel testo originario: una modifica sostanziale che sottolinea il valore non selettivo della norma. A chi non supera i suddetti test vengono messe a disposizione le "classi ponte che consentano agli studenti stranieri di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti".
La mozione impegna inoltre il governo "a non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole". Infine, si prevede "una distribuzione degli studenti stranieri proporzionata al numero complessivo degli alunni per classe, per favorirne la piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri", oltre che "nelle classi ponte, l'attuazione di percorsi monodisciplinari e interdisciplinari, attraverso l'elaborazione di un curriculum formativo essenziale, che tenga conto di progetti interculturali, oltre che dell'educazione alla legalità e alla cittadinanza". (15 ottobre 2008)





Ulteriori precisazioni del Governo che si occupa degli alunni stranieri, in maniera maldestra, a mio parere. Chi opera nella Scuola sa bene che l'inserimento viene attuato in modo oculato, tale da assicurare a tutti gli alunni pari opportunità di crescita e formazione. Spesso si è parlato della necessità di "mediatori culturali" oggi non se ne parla più, però le classi di inserimento vanno bene! Quante saranno queste classi? Come saranno formate? Gli alunni saranno aggregati in base ai paesi di provenienza, al colore della pelle? Alla lingua che parlano? All'età anagrafica?

Le scuole dovranno attrezzarsi, in perfetta solitudine, come sempre! Io spero che non lo facciano.

I bambini stranieri sono sempre stati una grande risorsa per la Scuola, non hanno mai impedito agli altri di progredire, anzi spesso si sono mostrati più motivati nell'apprendere dei compagni.

In ogni caso non sarà consentito l'inserimento di studenti stranieri oltre il 31 dicembre...come dire che l'anno nuovo avrà l'opportunità di viaggiare più leggero. Chi è dentro è dentro, gli altri, sempre gli stessi, dovranno attendere! Concordo con Fassino: "regressione culturale".

venerdì 10 ottobre 2008

Parla con me!

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Parla con me!

Lunedì, ore 8: dopo il consueto tramestio, iniziato con una buona ora d'anticipo, sono tutti fuori.
I figli diretti a scuola, il marito al lavoro.
Lei è sola, immersa nel silenzio dell'assenza, circondata dai relitti di una battaglia che si rinnova ogni giorno, macerie, caduti e feriti da raccogliere o curare.
In previsione di nuovi scontri il campo deve essere sgombro, ovvio.
Il problema è da dove cominciare. Qualcuno tornerà per il pranzo, qualche altro non si sa, il marito forse per la cena...tutti comunque si aspettano ordine e conforto, nuovi assetti da sconvolgere e distruggere, non per il piacere di farlo, solo per essere pronti a ciò che li attende fuori, dove la vita, quella vera, li porterà a collezionare piccole vittorie e grandi sconfitte.
Chissà perché le sconfitte hanno sempre più peso delle vittorie, sarà che a vincere ci si abitua.
Il cucciolo dorme, esausto e dimentico; a tempo debito si mostrerà per chiedere scodinzolante:- Che si fa? Vale a dire, quando usciamo?
Beata innocenza! Lui chiede senza parole...e apprezza ogni volta il poco che ottiene con gioia e gratitudine, come fosse un regalo!
Il silenzio però diventa opprimente, dopo l'ultimo frettoloso saluto raccolto dalla porta che si chiude, con lo scatto definitivo.
Punto e a capo!
Lei deve ricominciare, e accende il televisore, a caccia di un telegiornale superstite ( un modo come l'altro per avere la vita sotto controllo?), a volte lo acciuffa con soddisfazione, più spesso lo manca di un soffio.
Però non spegne l'apparecchio, gli toglie solo la voce.
Ad un tratto vede, di sfuggita, un tizio che gesticola e parla. Chi sarà? Sembra un tipo interessante, pensa che magari blateri di fesserie, continua la sua opera di "risanamento del territorio" con solo qualche occhiata di straforo.
Il tizio è sempre lì, ed è solo, niente vallette che scodinzolano, e neppure contorno di pentole e ortaggi.
Poi sente chiamare...il suo nome! Da una voce sconosciuta che è lì, da qualche parte.
Si sente mancare...l'attacco di panico si preannuncia con la consueta vertigine: qualcosa non va, assolutamente.
Il cucciolo le si aggrappa alle gambe, è spaventato e le impedisce il cammino.
La voce, più suadente, di nuovo la chiama, e sì che lei non ha un nome comune!
E' il tizio del televisore.Ha riacquistato la voce.
- Ciao! Non te l'aspettavi, vero?
- No! Risponde con gli occhi che premono per schizzare fuori. Il cervello è fuori servizio.
- Sono qui per parlare con te...coraggio!
La voce le arriva ovattata, gli occhi che la guardano sono dolci e pazienti...
Lei riprende il controllo e capisce che deve chiamare il marito. Con mani tremanti prende il telefono e scorre frenetica la rubrica alla ricerca del numero che si è dissolto nella sua memoria.ci siamo! Squilla!
- Ciao! Che c'è? Risponde con tono sbrigativo, uno di quelli che ti mostrano in tutta la tua futilità.
- Niente! Non è successo niente! E' solo che mi pareva di non averti salutato...
- Ma dai...mi chiami per questo! Piuttosto non aspettarmi per cena, ciao.
E' senza forze, ma perfettamente lucida. Ora può parlare con il tizio, fosse pure il demonio!
Sul televisore scorrono i titoli di coda di una trasmissione ormai finita, sullo sfondo un viale frondoso che fa da contorno ad una figura che si allontana.
C'è una musica dolce, come un saluto dolente...
Il cucciolo mugola piano, agita incerto la coda...Che si fa? Andiamo?

giovedì 2 ottobre 2008

Poesia di Jolanda Catalano

Non so più distinguere i suoni della gioia.
Mi perseguita il vento tra le fronde
e rami rinsecchiti le parole
vagano al ritmo di mute trasparenze.
E se scalfire i nodi arrotolati
entro parvenze fatue appese a un filo,
volesse significare il mio abbandono,
eccomi pronta al salto senza fine
per nuovi ritmi da cogliere e baciare.
Ma tumultuoso il vento trasferisce
dall'anima al reale le parole
e l'arsura del male le divora
oppure le fiacca a volte ancora mute.
Silenziose ritornano nel grembo
confuse al pianto che non sa lenire
ferite aperte e mai rimarginate
in questo spazio breve che percuote.

da " La tela di Penelope" Rhegium Julii 2000

Un grazie di cuore alla poetessa-amica che mi ha fatto dono della sua creatura.
Voglio condividere con voi questo splendido regalo, è qualcosa da maneggiare con cura...da osservare con stupore e meraviglia. Le parole scompaiono e diventano Emozioni che avvolgono e trascinano l'animo lungo sentieri spesso solo dimenticati...

A chi vuole godere della lirica di Jolanda Catalano suggerisco la raccolta "Io sono l'incompiuta" sul sito: www.rebstein.wordpress.com