mercoledì 27 agosto 2008

E il padrone riabbraccia la sua Zazie

Da un pò di tempo continuo a leggere il quotidiano con una delusione crescente: i problemi sono sempre lì, scompaiono per ricomparire quasi subito più pressanti, ma sempre senza nemmeno una piccola ipotesi di soluzione...se poi si scorge uno spiraglio d'intesa bisogna ricredersi in fretta, smentite, distinguo, polemiche da ogni dove!
Su Repubblica di qualche giorno fa (ormai vado avanti per ritagli) la gioia di una notizia confortevole a firma di Valentina Monarco.
" Con un camper era arrivato in Italia per le vacanze due anni fa e aveva perduto la sua piccola Zazie, quando gli avevano rubato il mezzo.
Con un camper, due anni dopo, è tornato per riprendersi la sua cagnolina, ritrovata durante lo sgombero del campo rom di via della Martorana.
Luigi Bucci, francese di origine italiana, appena ha saputo che i volontari dell'associazione canili di Porta Portese avevano ritrovato la sua Zazie, è partito da Grenoble e undici ore dopo era già a Roma per riabbracciarla."
Zazie inizialmente era titubante, ma appena il suo padrone ha aperto la porta del camper lei è corsa a riprendere il "suo"posto sul divano, quello che occupava durante i viaggi con il signor Bucci. "Determinante per il riconoscimento il tatuaggio che la cagnolina ha all'interno dell'orecchio.Un particolare insolito per un cane non di razza, ma che ha tolto ogni dubbio sul possibile lieto fine".
Questa piccola storia d'amore mi ha fatto riflettere. Forse finchè continueranno ad esserci persone come il sig. Bucci e giornalisti come l'autrice del testo c'è una speranza per chi, come me, combatte contro il pessimismo dilagante dei media.

sabato 16 agosto 2008

Immacolata detta Tina


Quando ho conosciuto Tina ero appena passata dallo status di figlia a quello di moglie, come dire che mi barcamenavo, con fatica, tra casa e lavoro.

Tina era già madre di quattro figli, con una lunga storia alle spalle e un presente che gestiva con coraggio e una sorta di atavica rassegnazione.

Lei prese le redini della mia casa con piglio sicuro, io ero contenta di aver trovato un angelo custode che mi guidava con suggerimenti discreti e preziosi, non senza risparmiarmi qualche strigliata della quale, però, subito si scusava.

Col tempo si stabilì un clima di confidenza e Tina prese a raccontarmi la sua vita.

Seppi così che non aveva studiato e di ciò un pò si vergognava, mentre era fiera dei suoi natali in un paesino del sud, pur ammettendo che gli stessi avevano "segnato" il suo destino.

Tina era giunta a Roma con la famiglia per sfuggire a una realtà che le appariva senza scampo, con la speranza di migliorare, come tanti altri prima di lei.

La Capitale le mostrò presto la sua faccia dura: solo lavori occasionali per il marito manovale, una baracca per abitazione e quattro figli da sfamare.

Tina annodò sogni e speranze in un fazzoletto, assieme a piccoli oggetti d'oro...la sua riserva, diceva, per le emergenze.

Si caricò il suo fardello sulle spalle e e si diede da fare: pulire, dovunque e senza sosta, la sola cosa che sapeva fare.

Dopo stenti e umiliazioni giunse l'assegnazione di un alloggio popolare all'estrema periferia della città, lontano dai luoghi già noti, con una vita da reinventare, ma una casa era una specie di vincita al lotto e lei organizzò il trasloco con entusiasmo e rinnovata speranza.

Tina si ritrovò senza lavoro e il marito pure, lei cominciò ad attingere al suo capitale d'emergenza, il marito sempre più spesso alla bottiglia di vino.

Tina riprese a pulire le case degli altri, due ore qui, tre ore là...senza mai risparmiarsi. Tra un lavoro e l'altro si occupava della sua casa, dei figli da sfamare, vestire e mandare a scuola.

Il marito era però diventato irriconoscibile, un uomo apatico, sconfitto, aggressivo che affogava nell'alcool la sua fatica di vivere, e sfogava sulla moglie la rabbia che lo divorava.

Tina collezionava quotidianamente la sua razione di botte, lo faceva in silenzio, per proteggere i figli, diceva.

Sapeva che nessuno poteva aiutarla. Si era rivolta alle forze dell'ordine e aveva capito che una denuncia avrebbe solo aggravato la situazione: i carabinieri vogliono i fatti, non le parole! Insomma qualcuno avrebbe dovuto chiamare La Legge mentre il marito infieriva su di lei, ma i vicini non volevano immischiarsi...

Quando si confidò con me la storia andava avanti da un pezzo e mi resi conto che le era costato molto parlarne, si vergognava e faticai a convincerla che doveva parlare del suo problema con le maestre dei figli, con l'assistente sociale, con il parroco, con più gente possibile, e fare in modo che il marito lo sapesse.

Le sarebbe costata qualche dose supplementare di botte, ma la sua situazione era ingiusta e davvero insopportabile!

Tina mi ripeteva:- Se alza le mani sui bambini lo ammazzo!

Una sera l'uomo minacciò il più piccolo dei figli con un coltello...Tina riuscì a disarmarlo e a fuggire con la sua piccola truppa, dopo aver chiuso all'interno il forsennato e aver "rimediato" un bel fendente ad un braccio.

I vicini chiamarono le forze dell'ordine, il parroco accompagnò Tina al pronto soccorso dove scattò una formale denuncia.

La notte passò alla meno peggio, l'indomani Tina ritornò nella sua casa scortata dai carabinieri e da un fabbro che provvide a sostituire la serratura.

Tina poi mi disse:- Quando ha alzato il coltello sul bambino io non ci ho visto più! Io lo avrei ucciso, o io o lui! A quest'ora potrei essere morta, o un'assassina...Ci pensa?

Il marito fuggì all'estero, Tina crebbe i suoi figli con la dignità e la saggezza che le veniva dalla sua gente.


Dedico questa storia alle donne vittime di mariti violenti, con l'augurio di trovare il coraggio di reagire e difendere i "cuccioli" nel modo giusto.

Dedico, infine, questo testo a Jolanda Catalano, una poetessa che ha avuto il coraggio di trattare il tema della violenza e degli abusi sui minori che per lo più avvengono in famiglia.

cfr: Voci dal buio.www.rebstein.wordpress.com

mercoledì 6 agosto 2008

E ti rivedo bambina...

A Paola che abita il mio cuore.

Mi parli con parole dure che feriscono l'animo e annebbiano la vista.
La voce e lo sguardo trasmettono l'odio per una sorte che non credevi la tua.
Vuoi colpire, distruggere un gioco che non hai scelto di giocare, come fa il bambino quando non riesce a trovare il pezzo giusto del puzzle che aveva iniziato.
Ti muovi sui frammenti aguzzi dei sogni infranti, con piedi feriti e sanguinanti.
Io però non sento più quel che dici, sono distratta dalle tue mani, piccole, sottili, da bambina.
Ti rivedo com'eri: occhi grandi in un visino piccolo, sgranati su un mondo da scoprire, limpidi laghi, profondi di domande in attesa...
Ora parli con furia di donna, spietata.
La vita ti ha dato risposte inattese, dure, cattive e ti costringe ad una saggezza troppo vecchia e lontana da te.
Io continuo a rivederti bambina...e non trovo parole per il tuo dolore.